METTI UNA SERA A CENA NELLA CITTÀ FELSINEA
Di etichette descrittive ne ha già tante, Bologna, tre su tutte: ‘Dotta’ per via dell’Università, la più antica del mondo occidentale; ‘Rossa’ come i mattoni delle case e delle torri che ne puntellano il centro, o come i bolidi che la incoronano capoluogo della “motor valley” emiliana; ‘Grassa’ al pari della sua tradizione culinaria, sostanziosa e opulenta.
A queste targhette classiche, pittoresche e vagamente polverose, se ne aggiunge un’altra, oggi, che più che una sintesi del territorio è un tributo al suo brodoso figliol prodigo: il tortellino. A idearla è un tassista bolognese, Roberto Mantovani, che – affiancato dalla sua compagna di vita (e di vivande!), Annabella – è partito alla scoperta dei migliori tortellini dentro e fuori “i viali”, condividendo in rete un hashtag – #TortellinoTour – già in odore di trending topic.
Dopo la via della Seta, insomma, quella della Sfoglia: «condividiamo la stessa passione per il cibo, ma l’amore per il tortellino ha, nel mio caso, origini più remote: quelle della tradizione familiare. Senza le donne di casa all’opera – la mamma, la nonna, la zia, che un tempo ne preparavano in grandi quantità, di tortellini – ho smesso di mangiarli in famiglia, e cominciato a cercarli fuori. Così è nato il #TortellinoTour», racconta l’iniziatore dell’hashtag più appetitoso del web. E Annabella gli fa da contraltare: «da “forestiera” – sono di origine pugliese – ho preso questo piatto del confort come metro per calcolare il costo medio dei menù: i veri bolognesi non ordinano mai i tortellini al ristorante, preferendo quelli di casa. Ma il fuori sede sperimenta!».
PERCHÉ PROPRIO IL TORTELLINO (E NON, CHESSÒ, LA TAGLIATELLA)?
Roberto: «Perché il tortellino unisce, è un momento di aggregazione in famiglia. A dispetto di altri piatti della memoria, la sua preparazione ha una ritualità condivisa: c’è chi tira la sfoglia, chi la taglia, chi pensa al ripieno. E chi viene sgridato per l’assaggio “a crudo” (altro ricordo d’infanzia!)»
QUALI I CRITERI DI VALUTAZIONE?
Annabella: «Ne abbiamo scelti 5: la sfoglia, il ripieno, il brodo, la cottura e l’impiattamento dei tortellini. A questi si sono aggiunti, talvolta, dei plus, come le caratteristiche di certi luoghi o le storie raccontate dai gestori, perché la differenza la fanno sempre le persone»
UN ESEMPIO?
Roberto: «Quello della signora Aurora, titolare dell’omonima osteria, che ci ha raccontato come ha imparato a farli, i tortellini. Aveva appena compiuto 9 anni e sua mamma versava in cattive condizioni di salute: allettata, le indicava come prepararli, incoraggiandola a non demordere. “In ginocchio su una sedia tiravo la sfoglia mentre le lacrime scendevano: faticavo e mi sentivo incapace”, ci ha confidato. Ma la perseveranza ha avuto la meglio, e dopo una carriera come disegnatrice, senza nessuna scuola di cucina alle spalle, ha imparato a fare da mangiare in maniera impeccabile, e aperto anche un laboratorio di pasta fresca assieme al figlio: “fare la sfoglia è la cosa più bella del mondo!”»
I METODI DI PREPARAZIONE DIFFERISCONO DA UN POSTO ALL’ALTRO?
Annabella: «Sì. Al Ristorante Da Fabio, ad esempio, i tortellini li fa ancora la mamma (pluri ottantenne) del titolare, la classica “zdora” bolognese che guai a toglierle questo compito: sono piccoli e deliziosi, con un brodo di cappone gustoso ma alleggerito, senza i lobi di grasso liquefatto (detti “occ grass dal bròd”, letteralmente “occhi di grasso del brodo”, ndr), mentre i ragazzi di Oltre – un locale metropolitano ma radicatissimo nella tradizione: il loro cavallo di battaglia è il piccione – optano per un tortellino con un ripieno di quasi solo crudo»
IL PREZZO MEDIO NEI RISTORANTI BOLOGNESI?
Roberto: «Per una generosa porzione, sui 13 euro»
L’IDENTIKIT DEL TORTELLINO PERFETTO?
Annabella: «Ha la sfoglia ruvida – tirata al matterello -, un ripieno non eccessivamente formaggioso, perché non copra l’aroma della carne e della mortadella, e un sentore di noce moscata, come secondo la ricetta depositata alla Camera di Commercio. Deve essere bello pieno e poco cotto»
UN SEGRETO CULINARIO CARPITO DURANTE IL TOUR?
Roberto: «L’uso del congelatore è indispensabile per evitare il rompimento della pasta: mettendo i tortellini ancora congelati nel brodo bollente rimangono umidi e non si sfaldano in cottura. I nostri nonni, che non possedevano il freezer, erano costretti a farli e mangiarli al momento: non a caso erano il piatto delle feste»
I TORTELLINI PIÙ BUONI DI BOLOGNA: DOVE?
Annabella: «Non esiste una risposta univoca: dipende chi sei, da cosa cerchi, e dal valore che stai dando alla tua cena. La Buca Manzoni, ad esempio, li serve nella zuppiera, mentre La Montanara di Filippo Venturi – l’oste scrittore – opta per le cocotte monoporzione, e se il Caminetto D’oro valorizza il piatto con un cucchiaio dorato e del formaggio grattugiato al momento, il ristorante Al Cambio li serve quasi asciutti, con un bricco di brodo a parte. Ciascuno ha il suo modo, il suo mondo. E la nostra non è una classifica, ma un semplice elenco di posti in cui il tortellino è protagonista, coi social come occasione di condividere ogni buona scoperta: da Twitter ci arrivano le prime conferme!»
IL VOSTRO TOUR È DIVENTATO UNA CARTOLINA, QUASI UNA CARTINA PER VERI PASTALOVER.
Roberto: «L’idea è nata per soddisfare le richieste dei miei clienti in taxi: turisti, congressisti, tutti alla ricerca di un posto in cui gustare un buon piatto di tortellini. La prof. di grafica di mio figlio ha coinvolto i ragazzi in un vero e proprio progetto scolastico: così è nata la cartolina del #TortellinoTour! Fra i viaggiatori esteri, i più curiosi sono gli americani, gli australiani e i canadesi, sempre più preparati sulle nostre tradizioni. A loro uso dire, scherzando: “If you read “spaghetti alla bolognese”, please: run!»
ALLA CARTOLINA SEGUIRÀ UN LIBRO?
Annabella: «Ci stiamo pensando. Anche per raccontare le storie di vita di chi si avventura quotidianamente in questa preparazione che è pura poesia Made in Emilia»