Le più belle cascate dell'Appennino | Non Solo Buono
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La Redazione
4 minuti

Zaino in spalla, a passeggio fra le più belle cascate dell’Appennino

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Una gita fuori porta

 

Smog, timer, call e meeting, traffico, pausa pranzo in mezz’ora, parcheggi, email. Immaginiamo di poter spegnere con un solo gesto tutto questo. Tutto ciò che fa rumore, nella nostra città e nella nostra quotidianità.
Oggi proviamo le emozioni di una giornata diversa, un’esperienza sensoriale tutta da scoprire. Ascoltiamo i suoni della natura, respiriamo a pieni polmoni l’aria fresca delle alture, osserviamo le sfumature del verde e dell’azzurro.

Il profumo della primavera, il vento sulla faccia, i sentieri nel bosco, il suono dell’acqua che scende in rivoli morbidi sulle rocce. L’Appennino Emiliano è la cornice perfetta per una gita d’evasione. Le protagoniste del percorso che stiamo per iniziare sono le cascate: il fascino della natura, la potenza dell’acqua, il relax di una spa a cielo aperto.

 

Scarpe comode, borraccia, zaino, una macchina fotografica – siamo pronti a partire.

La passeggiata tra le cascate più suggestive inizia nel bolognese, sul Corno alle Scale. Un nome che anticipa una passeggiata ricca di emozioni (in salita ma rigenerante!) – a tratti fiabesca. Il sentiero tra abeti e faggi ci conduce alle Cascate del Dardagna, sentiamo prima lo scroscio e dopo una svolta finalmente le vediamo: la vista è mozzafiato. Tra le rocce dure e piatte come scalini, ricoperte di verde, l’acqua compie diversi balzi – ne contiamo sette. Una volta recuperate le energie possiamo procedere verso la Madonna dell’Acero per ammirare il santuario e l’albero secolare dove si dice sia apparsa la Madonna. Una vera celebrazione della natura.

Ci spostiamo nelle alture nei pressi di Forlì. Partiamo da San Benedetto dell’Alpe e raggiungiamo la Valle del Montone: il percorso dura un paio d’ore se andiamo a passo sostenuto. La cascata dell’Acquacheta ci aspetta con tutto il suo fascino. Persino Dante ne è rimasto incantato: nella Divina Commedia la cita nel XVI Canto dell’Inferno per descrivere il fiume Flegetonte.
Tutte le aspettative sono ripagate. Non siamo i soli: ogni giorno l’Acquacheta è visitata da turisti, escursionisti, e anche artisti in cerca d’ispirazione. In mezzo alla foresta di querce il torrente sembra aver scavato un enorme scivolo di 90 metri; zampilli, schizzi e giochi di luce e acqua si riflettono sulla roccia frastagliata. Possiamo riempire la nostra borraccia.

Prossima meta: la Val d’Asta, nel cuore dell’Appennino Reggiano. La cascata del Golfarone è una vera perla, a pochi chilometri dalla città. Il percorso è adatto anche agli escursionisti meno allenati e regala percezioni naturali inaspettate tra faggi e felci. È qui che il torrente Secchiello si tuffa per 15 metri e, come suggerisce il nome, crea delle piccole piscine naturali, poco profonde ma di una profondità di colori capace di esplodere tutte le sfumature del blu. Il luogo ideale per rinfrescarsi, immergere i piedi nell’acqua fredda. Qui nella bellezza della natura il respiro sembra un gesto totalmente diverso, pieno e libero.

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Il sentiero delle cascate

 

È la volta di una delle meraviglie dell’Appennino modenese. Raggiungiamo Sant’Annapelago, più precisamente la località Casa delle Rose. Dopo una breve salita, il sentiero diventa pressoché pianeggiante. Questo cammino dura circa quattro ore (qualche pausa compresa), è un percorso ad anello, immerso nel bosco – non incontriamo una sola cascata, ma ben cinque!

Dodici chilometri in totale, buona parte all’ombra dei boschi di faggi.

Sono passeggiate tranquille, dove trovare la pace dei sensi. Sentieri antichi, battuti da carbonai e boscaioli, viandanti e pastori. Ecco che si rivelano improvvise, dopo le curve. Ammiriamo nell’ordine: la Cascata del Rio, con il suo ventaglio d’acqua che si apre tra le rocce in uno scenario unico nel suo genere, la Cascata della Bandita, col suo salto spericolato tra le radici e la pozza dalle sfumature verdi, la Cascata di Sassorso, con le sue linee verticali dell’acqua che precipita, la geometria delle pietre, i muschi, sembra rubata dalla scenografia di un capolavoro del fantasy, la Cascata del Terzino, col suo salto poderoso tra le venature del travertino, per finire con la Cascata Cascadora – forse la più suggestiva, col suo doppio salto torrenziale e le percezioni quasi zen. Chiudiamo gli occhi e ascoltiamo solo il nostro respiro e il suono dell’acqua che scende.

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Rinfreschiamoci al Doccione

 

Restiamo sull’Appennino modenese, al cospetto del monte Cimone. Nei pressi di Fanano si trova il sentiero che conduce alle Cascate del Doccione. Il percorso è largo, delimitato da staccionate di legno per tutta la lunghezza, è morbido e regolare e cavalca ruscelli e piccole cascate. Non si tratta di un cammino come tutti gli altri, ma di un vero e proprio “sentiero sensoriale accessibile”.
Progettato dal Parco del Frignano per essere adatto a disabili e non vedenti, il percorso permette di godere di tutte le percezioni della natura, in totale sicurezza e accessibilità. L’odore del bosco, il pizzico del vento, il rumore dell’acqua, anzi, i rumori. Lo scorrere, lo zampillare, lo scroscio, gli spuzzi – una vera sinfonia di suoni per chi è pronto ad ascoltare. Un’occasione di incontro con la natura, per tutti.

Procedendo sulla passerella di legno, passiamo sopra al torrente, accarezziamo il tronco di un albero enorme mentre gli giriamo intorno, fino a trovarci al cospetto della cascata. L’acqua precipita tra le rocce per ben 120 metri, in mille giochi di luci e suoni, portando la vita nel bosco.

Ci prendiamo un momento per ascoltare tutte le sensazioni. E poi riprendiamo il cammino verso il Parco della Sequoia colmo di giochi per i bambini e simpatiche sculture di pietra. Per finire, posiamo lo zaino e mettiamoci comodi, è l’ora un meritato piatto caldo presso il rifugio Taburri.

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Ascoltiamo la Grotta Urlante

 

Come ultima tappa di questa nostra passeggiata alla scoperta delle cascate più belle del territorio, abbiamo scelto una meta suggestiva quanto il nome che porta. Nel cuore della Romagna troviamo un vero e proprio gioiello paesaggistico. Si tratta della celebre Grotta Urlante.
Siamo a circa 40 chilometri da Forlì, nel parco nazionale delle foreste casentinesi, più precisamente a Premilcuore – un altro nome ricco di suggestioni.
Tra il fascino dei boschi e delle rocce stratificate, troviamo un sentiero che conduce al ponte di pietra e poi a sinistra verso la cascata – ci basta seguire il nostro istinto, o forse è il rumore dell’acqua che precipita tra le rocce, ormai inconfondibile. Mettiamo giù lo zaino, ci sediamo sulla roccia.

Lo scenario che ci troviamo davanti lascia senza fiato, sembra quasi appartenere a un’altra dimensione, e allo stesso tempo è visivamente raccolto, una sensazione di intimità. Qui il fiume Rabbi si apre in un gorgo agitato e scende a cascata sulle rocce aprendosi un percorso unico nel suo genere; attraversa spigoli e depressioni fino a riversarsi nella celebre conca – apprezzatissima anche dalle guide internazionali. È una piscina naturale dai colori profondi, in cui perdere lo sguardo, richiama il verde della vegetazione.

La Grotta Urlante fa da cassa di risonanza e il rumore dell’acqua lo sentiamo più forte che mai. Sarà l’acustica naturale, sarà la conformazione delle rocce o il moto gorgogliante del fiume, o forse è perché durante questo viaggio tra le cascate abbiamo imparato ad ascoltarle, sta di fatto che da qui, stesi sulle pietre levigate della Grotta, il rumore dell’acqua sembra quasi diventare una voce.

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