Dalle radio al rombo dei motori: la Ducati, una storia d’ingegneria - Non solo buono
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La Redazione
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Dalle radio al rombo dei motori: la Ducati, una storia d’ingegneria

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C’è un luogo, bagnato dal fiume Lavino e dal Reno, dove il rosso fiammante e il rombo dei motori elettrizza gli abitanti e i visitatori. Siamo in Emilia Romagna, in un rione di Bologna, siamo a Borgo Panigale.

 

Il luogo nativo di una delle eccellenze italiane, il luogo della Ducati e del suo sfrecciare nelle gare di Moto GP e Superbike, ma la storia non è sempre andata così, prima di arrivare a questo traguardo la strada è stata lunga, tortuosa e con protagonisti diversi.

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Ingegno, passione e famiglia

È il 1926 quando l’ingegnere Antonio Cavalieri Ducati dà vita alla “Società Scientifica Radio Brevetti Ducati”, mosso dall’entusiasmo dell’esperimento radiofonico condotto dal figlio Adriano.

La Ducati di quei tempi, infatti, è un’azienda specializzata nella ricerca e nella produzione di tecnologie per le comunicazioni radio, che poggia la sua forza e affermazione sui brevetti industriali di Adriano Cavalieri Ducati.

 

I personaggi di questa prima parte di storia sono senz’altro Antonio e i figli Bruno, a capo della progettazione e direzione lavori, Marcello, al coordinamento del personale e Adriano, appunto, a cui è affidata l’intera parte scientifica produttiva.

Adriano era un grande inventore, il primo a realizzare un collegamento stabile tra Italia e Stati Uniti e il primo a realizzare un collegamento simultaneo tra i cinque continenti.  Sono i primi anni del ‘900, anni di fermento, anni in cui un altro importante personaggio dà sfoggio alle sue invenzioni in campo elettronico; Guglielmo Marconi, infatti, è acclamato in tutto il mondo per la sua grande creazione, la radiotelegrafia.

E così, con il trasmettitore a onde corte, Ducati inizia la sua strada verso il successo.

 

Dopo la morte del padre, i fratelli Ducati danno lustro alle loro competenze e abilità creative in un piccolo scantinato nel centro di Bologna, precisamente in via Collegio di Spagna 9, iniziando a produrre il famoso condensatore “Manens” per apparecchi radio, oggi considerato più che mai un prezioso patrimonio industriale. Come accade ai migliori inventori, si parte da una garage o da uno scantinato per arrivare a essere sempre più grandi. Da quell’invenzione, infatti, la produzione si amplia e Ducati comincia a creare le prime apparecchiature radiofoniche e i prodotti di meccanica di precisione. Negli Anni ’30 è una delle più grandi realtà industriali con un organico di 5000 dipendenti.

Ecco che da uno scantinato nel centro di Bologna, Ducati si espande e arriva a Borgo Panigale con il suo primo grande stabilimento, che ancora oggi rappresenta il quartier generale di Ducati Motor Holding Spa e la Ducati Energia Spa.

 

A causa dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale, l’Azienda si vede costretta e destinare la produzione all’uso militare, fino a quando, il 12 ottobre 1944 viene  gravemente danneggiata da un bombardamento. La produzione militare viene ufficialmente dismessa nel 1945.

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Cucciolo, il motore della ripartenza

 

È proprio da quelle macerie che Ducati riaffiora a nuova vita riconvertendo la produzione al settore motoristico.

 

I fratelli Ducati non sono tipi che si perdono d’animo e ci provano con tutte le loro forze a far brillare di nuova luce la loro azienda, così, nel marzo del 1946 inizia la produzione di Cucciolo, il primo vero prodotto motociclistico dell’Azienda.

 

Il Cucciolo è un motore ausiliario per biciclette, il prototipo nasce dalla mente del progettista Aldo Leone insieme ad Aldo Farinelli per la SIATA (Società Italiana Applicazioni Tecniche Auto-Aviatorie) di Torino, si tratta di un motore con un ciclo a quattro tempi e un cambio a due marce, che permette di sfruttare appieno la potenza del motore.

 

La commercializzazione del Cucciolo (modello Tipo 1) è un successo tale che la SIATA si deve rivolgere a un partner esterno per rispondere alla domanda di mercato, così nel 1945 Ducati comincia la produzione del Cucciolo, rilevandone tutti i diritti di produzione. Con il passaggio in casa Ducati, il Cucciolo evolve sempre di più con migliorie del tutto innovative per quei tempi, è così che nasce il modello T2 e la sua versione sportiva, in grado di erogare 2CV di potenza e di raggiungere una velocità di punta di 60km/h.

Tra il 1947 e il 1948 vengono prodotte circa 200 unità al giorno.

 

L’evoluzione non si arresta e nel 1949 nasce il modello T3, il primo motore completamente progettato da Ducati, un modello a tre marce e dotato di una valvola lubrificata a grasso.

Il modello T3 subisce una lenta e sensazionale metamorfosi, grazie anche all’importante contributo di Caproni, costruttore famoso durante la Guerra per la produzione di aeroplani. Caproni realizza un telaio tubolare con speciali sospensioni che perfeziona sempre di più, fino a realizzare un vera e proprio moto.

Nasce così la “motoleggera” Ducati 60 e successivamente la sua versione sportiva che, con la sua cilindrata da 65cc, il  sistema “monocross” e la coppia di ammortizzatori telescopici, apre a Ducati la strada al mondo delle competizioni.

 

Nonostante la ripresa, gli strascichi della Seconda Guerra Mondiale diventano sempre più evidenti, al punto da costringere i fratelli Ducati a cedere la proprietà a partecipazioni statali e l’azienda viene scissa in due divisioni Ducati Meccanica e Ducati Elettronica,  la prima si specializza nel settore dei motori a diesel, la seconda nel settore del materiale radio. Inizia così un susseguirsi di entrata in scena di attori diversi che hanno contribuito a rendere Ducati il gioiello che conosciamo oggi.

 

In questa occasione, è doveroso ricordare colui che ha contributo più di tutti, con il suo estro, la sua dedizione e la sua genialità, al successo dell’Azienda, parliamo dell’ingegnere Fabio Taglioni, il progettista più influente nella storia Ducati, che introdusse per la prima volta nel mondo delle due ruote il sistema desmodromico e altre importanti innovazioni decisive per la crescita dell’Azienda. Per lui tecnica e bellezza estetica non potevano mai considerarsi elementi separati, ma soprattutto per lui “La Ducati non è una moto ma uno stile di vita”.

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La competizione e la strategia Montano

Un altro importante protagonista della storia Ducati è senz’altro lui, Giuseppe Montano un dirigente di polso con spiccate visioni commerciali e pubblicitarie. È proprio grazie a Montano che Ducati entra in velocità nell’immaginario collettivo.

È sua l’idea del Giro del Mondo di Tartarini e Monetti in sella alla 175 cc ideata da Taglioni, una trovata geniale per estendere la conoscenza del marchio Ducati laddove non erano presenti concessionari ufficiali.

La 175 è una moto prestigiosa a quel tempo, pensata per competere nelle prove di lunga durata, infatti doveva essere utilizzata nelle gare di gran fondo (Motogiro, Giro d’Italia, Milano-Taranto), ma non finì mai in pista a causa del divieto di corsa su strada a seguito della tragedia De Portago nella Mille Miglia.

Ad ogni modo, la 175 fa il suo Giro del Mondo e la traversata viene raccontata sapientemente grazie alle precise istruzioni impartite da Montano: ci sono comunicati stampa inviati ai principali organi stampa del tempo (generalisti, sportivi e politici), ci sono le 400 cartoline inviate da Tartarini e Monetti ai concessionari Ducati dalle principali città visitate e molti altri escamotage per incentivare il passaparola.

Montano era un grande stratega nello scegliere le persone e le occasioni giuste.

La sua idea vincente è stata quella di introdurre Ducati nelle competizioni, secondo la sua visione se Ducati fosse stata protagonista nelle competizioni sportive, il successo derivato avrebbe giovato alle vendite. Vuole i migliori piloti e vuole che di Ducati si parli in tutto il mondo come la moto che vince.

La sua strategia iniziale prevede proprio di sfruttare le competizioni per lanciare i nuovi modelli, direttamente in gara. Una strategia che in un colpo sfrutta leve emozionali e decisionali, perché solo la moto che vince è in grado di conquistare il cuore e il desiderio dei consumatori. Montano libera così una nuova concezione di produzione, non solo commerciale, ma anche agonistica.

Tra i piloti che hanno sfrecciato sulle due ruote Ducati ricordiamo Mario Recchia, Gianni Degli Antoni, Bruno Spaggiari, Mike Hailwood, Paul Smart, Cook Neilson, Marco Lucchinelli, Raymond Roche, Doug Polen, Giancarlo Falappa, Carl Fogarty, Troy Bayliss, Loris Capirossi, Casey Stoner.

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Non solo ingegneria, ma anche fenomeno sociale

 

Se ci fermiamo un attimo a pensare al Dopoguerra, al boom economico post bellico e al conseguente aumento del benessere sociale, una cosa appare evidente, la necessità delle persone di stare insieme, di divertirsi e di lavorare.

Sono tre fattori determinanti che elevano la produzione motoristica di Ducati. A quel tempo, infatti, il motore Ducati permette alla persone di raggiungere i famigliari, di andare in vacanza e di raggiungere il posto di lavoro con semplicità e sicurezza. Ducati dà occupazione e riavvicina il popolo italiano!

Ben presto, però, l’Azienda diventa famosa per rispondere ad altre elettrizzanti esigenze, sono gli Anni ’60 e la velocità è la parola chiave, ormai l’automobile è diffusa in massa, togliendo alla motocicletta il suo ruolo sociale di facilitatore di mobilità. Sono gli anni della potenza musicale, artistica, tecnologica, un’esplosione di creatività in tutti i settori, in questo contesto la moto diventa più che mai un elemento di espressione nelle generazioni dei giovani, sulla scia dei motociclisti americani, un inno alla libertà e al divertimento. E così via fino agli Anni ’90, dove le persone si identificano sempre di più nei beni che acquistano e li scelgono proprio in base all’immagine che esprimono di sé alla collettività. Lo stile e il design incontrano le due ruote, quindi, portando alla creazione di due opere d’arte Ducati: la Monster e la Ducati 916.

La storia del mezzo a due ruote, non solo Ducati, è ricca vicende emozionali ed è portatrice di uno status symbol, quello che guarda alla libertà come valore primario.

E così è ancora oggi, la moto è rappresentazione di un fenomeno sociale e della voglia di aggregazione, basti pensare ai moto club e ai raduni come il World Ducati Week, tutto condito con elementi che oggi sono imprescindibili ancora più di allora, ovvero sicurezza, design e potenza. E la ciliegina che rende la torta ancora più sensazionale è l’adrenalina.

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