Agli albori del Medioevo nasceva uno dei prodotti più apprezzati e più rappresentativi della nostra cultura gastronomica all’estero: la pasta ripiena. Sulla regina dei primi sono state create canzoni, miti fino a essere citata dai grandi della tradizione letteraria italiana. Tortellini, ravioli, cappelletti hanno tutti una storia dietro, che si tramanda di generazione in generazione, con le dovute varianti.
La prima notizia certa al riguardo risale al XII secolo: già a quell’epoca, pare che a Bologna le famiglie più abbienti potessero cibarsi dei deliziosi tortellorum durante le festività natalizie. A parere di molti, i remoti capostipiti di questi veri e propri scrigni del gusto potrebbero essere i torteleti de enula, un’erbetta oggi poco diffusa, ma che un tempo in Emilia veniva considerata un vero toccasana per mantenere la pelle fresca e giovane.
Il tortellino in Emilia è talmente celebrato da aver dato adito a svariate leggende, la più famosa delle quali è senza dubbio quella dell’ombelico di Venere: si narra che durante una delle secolari battaglie intercorse tra Bologna e Modena, tre dei dell’Olimpo, Bacco, Marte e Venere scesero sulla terra. A seguito delle aspre lotte, le divinità si fermarono a riposare presso la locanda Corona di Castelfranco Emilia, a metà tra le due città belligeranti. L’oste, non riuscendo a resistere alla tentazione, si incantò a spiare Venere addormentata e, ammaliato dalla sua bellezza, decise di riprodurre la perfezione armonica del divino ombelico con la pasta sfoglia che aveva in cucina.
Il termine raviolo, pare derivare da “robiola” etimo medievale del latino “rapa”. Infatti anticamente il raviolo era un involucro di pasta ripieno di foglie di rapa e ricotta. Tanta delizia non poteva passare inosservata agli occhi di uno dei sommi poeti della letteratura italiana: Giovanni Boccaccio. Nel terzo racconto dell’ottava giornata del Decameron, i protagonisti arrivano nel Paese di Bengodi dove stavan genti che niuna cosa facean che far maccheroni, raviuoli e cuocerli in brodo di capponi.
Anche Pelligrino Artusi, cuoco, critico culinario e autore della prima trattazione gastronomica dell’Italia Unita La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene, è legato alla pasta ripiena: famosi i suoi “cappelletti all’uso di Romagna”, così chiamati perché ricordano, appunto, la forma di un berretto medievale.
Infine, intitolati a Balanzone, nota maschera della Commedia dell’Arte, i meno conosciuti “balanzoni”, tortelloni bolognesi caratterizzati dalla sfoglia verde e ripieni di ricotta e spinaci.
Di storie e leggende sulla pasta ripiena son pieni i libri e tante altre ancora potrebbero essere trovate, tutte diverse e contrastanti. Con un elemento comune però: l’amore per la tradizione e la passione per la buona tavola.