Dalle pampas sudamericane alla Motor Valley, dai primi bozzetti fino alla genesi della Zonda, la commistione tra design e meccanica è il vero motore delle creazioni di Pagani Automobili. Vetture nuove che, sugli echi delle macchine di Leonardo, tracciano una linea di separazione tra il prima e il dopo. Una rivoluzione così ardente da richiedere un nuovo nome. Nascono così le hypercars. Per definirle si dovrebbero citare l’attenzione estetica inesauribile, la perfezione ingegneristica in ogni componente, le performance da auto da corsa professionali, il fascino dell’esclusività. Se guidare una Pagani è un’esperienza senza eguali, costruire una Pagani è un’opera d’arte, il risultato di una scintilla nata in Argentina nel 1955.
Horacio, Gustavito e il kart
Era un Sachs Televel del ’50, praticamente distrutto. Il giovanissimo Horacio tiene tra le mani il suo primo motore. Ne ha visti tanti sulle riviste di automobili che conserva nella sua cameretta. Basta richiamare alla mente quelle immagini e lo rimette in sesto, è come se le sue mani sapessero da sole cosa fare. Un istinto naturale. L’entusiasmo è incontenibile e Horacio corre dall’amico Gustavo Marani per condividerlo con lui. Si conoscono da quando sono nati – “Gustavito” lo chiama Horacio, sono amici inseparabili, uniti dalla passione per le auto. I due ragazzini disegnano un bozzetto, corrono fino al villaggio vicino per procurarsi tutti i pezzi necessari, tornano carichi di metallo e di pneumatici lisi. Il futuro fondatore della Pagani Automobili ha solo 14 anni quando costruisce il suo primo veicolo. È un piccolo kart.
Di lì a breve seguiranno due minimoto e una vettura a quattro ruote con la carrozzeria in plastica rinforzata. Ci vorrà poco più di un decennio: le creazioni di Horacio Pagani percorreranno migliaia di chilometri, conosceranno le strade di tutto il mondo.
Le cinque lettere di Fangio
1957, il pilota Juan Manuel Fangio stringe tra le mani un altro trofeo. Per la quinta volta è campione del mondo di Formula 1: un record impensabile per l’epoca, rimasto imbattuto per ben 48 anni, fino al sorpasso di Michael Schumacher nel 2003.
Fangio è un vero e proprio idolo per il giovane Pagani. Un modello da seguire dentro e fuori dalla pista. Un emigrato italiano in Argentina, proprio come lui. Un uomo che si è costruito il suo successo gara dopo gara. “preciso ma spettacolare, con una profonda conoscenza della meccanica”, così veniva definito il suo stile di guida dalla cronaca sportiva di quegli anni.
Pagani e Fangio, dopo essersi inseguiti per diversi anni, si conoscono nel 1981. Un incontro fondamentale non solo per i due ma anche per il futuro dell’industria dell’automobile. Nasce un rapporto di grande stima, di complicità, un legame profondo che porterà il pilota e campione a scrivere cinque lettere per aiutare il giovane Pagani a coronare il suo sogno: andare in Italia e lavorare nel mondo delle auto, le migliori auto.
Così Juan Manuel Fangio spedisce cinque lettere che fanno il viaggio del mondo per presentare l’amico Pagani ai grandi nomi dell’industria automobilistica. La prima lettera è per Enzo Ferrari, una è per Enzo Sella, un’altra per Carlo Chiti, una lettera è per Alejandro De Tomaso. La quinta è quella buona. Giulio Alfieri, ingegnere passato dalla scuderia Maserati a quella di Lamborghini, risponde.
È un biglietto di sola andata.
Gli orizzonti dalle pianure delle pampas alle vette della Motor Valley
Quello dall’Argentina all’Italia è per Horacio Pagani un viaggio carico di significato, di speranze, di desideri. Nel suo bagaglio: idee innovative, conoscenze tecniche, tanta tenacia. Un ritorno alle origini italiane, una terra, tra Modena e Bologna, che non ha mai visto ma è come se la conoscesse da sempre – la riconosce.
Nel 1983 Horacio viene assunto in Lamborghini come operaio di terzo livello. È l’inizio di una nuova era. Ben presto gli viene affidata la progettazione della prima vettura al mondo costruita interamente di materiali compositi. Un’automobile che fa da apripista a tutte le applicazioni di questo tipo di fibre per le carrozzerie – uno dei punti di forza delle successive creazioni di Pagani. Sviluppa in quegli anni la sua capacità di trasformare l’avveniristica fibra di carbonio in particolari che uniscono tecnica ingegneristica di altissimo livello e cura per l’estetica.
Siamo agli inizi degli anni ’90 quando, a Modena, Horacio Pagani interrompe i rapporti con Lamborghini e crea una società di design che si fa strada tra i migliori nomi della Motor Valley, fino a diventare un vero e proprio punto di riferimento per le supercar sportive.
Molti anni dopo, a proposito del prestigio della Motor Valley, Pagani dirà in un’intervista:
“Credo che sia un momento straordinario per questa regione. Ci vuole unità, collaborazione fra le aziende. Ci vuole freschezza di idee, apertura mentale, perché dobbiamo lavorare tutti per dare qualcosa in più a questo territorio.”
Il sogno in pista: Nasce la Zonda
È l’ultimo anno del vecchio millennio. L’alba di una nuova era che Pagani inaugura a bordo di una vettura che rivoluzionerà per sempre il mercato dell’automobile.
Il battesimo della leggendaria Zonda avviene durante il Salone di Ginevra del 1999. Il nome è quello del vento caldo che soffia nelle pampas argentine – la celebrazione delle origini e della forza della natura. È una berlina a due posti, design che sembra preso in prestito dal futuro, prestazioni elevatissime. Una caratteristica in particolare attira l’attenzione di esperti e appassionati: il motore a 12 cilindri firmato Mercedes. Una garanzia che non lascia più dubbi: Pagani Automobili è ufficialmente nell’Olimpo della Motor Valley.
La Zonda trova presto ammiratori e acquirenti in tutto il mondo. La produzione in serie è fortemente limitata – un’auto esclusiva, ricca di possibilità di personalizzazione che donano agli esemplari il carattere di pezzi unici.
Purtroppo, il grande pilota Juan Manuel Fangio – amico e padrino di Horacio Pagani – non riuscirà a vedere la Zonda sfrecciare. Nel 2005, dieci anni dopo la morte del pilota, Pagani intitola a lui il nuovo modello: la Zonda F. F come Fangio, che per primo ha creduto nelle potenzialità di Horacio.
Huayra – una nuova era
“Tutto doveva essere unico, come una macchina ricavata da un blocco di marmo di Carrara”, così Horacio Pagani descrive il proposito alla base del suo nuovo grande progetto. È il 2011 quando nasce la seconda creatura di Pagani Automobili: la Huayra. Un’evoluzione gloriosa, sotto ogni punto di vista. A partire dal nome: da Huayra-tata, dio del vento della mitologia sudamericana, che comanda gli uragani che investono le Ande argentine.
Un lungo percorso di ricerca tra arte e ingegneria che ha plasmato una delle vetture più performanti mai prodotte.
“Noi ci auguriamo che tutto questo sforzo durato sei anni possa arrivare a toccarvi, a livello razionale ed emozionale”, così la presentò Pagani durante la prima conferenza stampa.
L’iter di progettazione ha portato al perfezionamento di soluzioni tecniche già avviate dalla precedente Zonda, con cui la Huayra conserva un prezioso e iconico legame di continuità. Un tratto distintivo su tutti: i quattro terminali di scarico posizionati a quadrato.
Le migliorie tecniche sono state evidenti, come il celebre telaio di carbotanio – leggerezza e resistenza senza precedenti. Per non parlare del motore. Un Mercedes da 700 cavalli che spinge la Huayra a 370 km/h.
Pagani Automobili, negli anni successivi, ha lanciato diversi modelli ed edizioni speciali. L’ultima frontiera è la nuovissima Huayra R – la più estrema di sempre: 860 cavalli, 30 esemplari, 2.6 milioni di euro. Una corsa continua verso nuovi orizzonti.
Hypercars Pagani: Il fascino della perfezione
Così sono nate le Hypercars Pagani, da una scintilla lontana, esplosa su scala mondiale e lanciata verso velocità mai tentate prima. Vetture che uniscono la cura artigianale con la tecnologia più avanzata, e una vera fantasia del design. Le linee scolpite dal vento, la seduzione delle forme. Le curve dei passaruota, i fianchi posteriori, gli specchietti allungati come due occhi di donna. “Una complicata ricerca di idee semplici”.
Horacio Pagani è il protagonista visionario che ha dato forma a tutto questo. Un perfezionista assoluto, in ogni dettaglio tecnico ed estetico. Per Horacio non è sufficiente costruire ogni componente coi materiali di qualità più alta e raggiungere le vette delle performance, ogni pezzo dev’essere un’opera d’arte, dare emozione.
Pagani Automobili: una corsa per raggiungere la perfezione.