“Ha sete?”. Stanzani era ancora frastornato dalla trattativa con Pirelli e troppo concentrato a guidare la potente Ferrari 250 GT per pensare di bere. In realtà stava pensando alla stessa cosa da quando lo incontrò la prima volta poche ore prima: “ma questo qui è matto suonato!”. Fermato il bolide all’area di sosta di Fiorenzuola per il rifornimento, stessa domanda e stesso diniego.
“Cameriere, una Coca Cola e due bicchieri… grazie”. Stanzani era basito, che un uomo così volesse risparmiare? Poco importava, l’importante adesso era declinare la proposta di lavoro e tornare in facoltà dov’era un ottimo ingegnere, ignaro che quello sarebbe stato il suo ultimo giorno da ricercatore universitario.
Stanzani pensò a quel giorno molte volte ma ci volle qualche anno per capire di aver ricevuto due lezioni tanto valide nel lavoro quanto nella vita. La prima, quando c’è un problema non basta saltarci fuori ma bisogna trovare il modo di farlo “alla grande” come nel ridiscutere il contratto con Pirelli; la seconda, il risparmio mirato è quello che ti permette di essere sempre generoso verso il prossimo ma mai sprecone, se uno non ha sete perché ordinare due bibite?
Gli inizi e il successo di Lamborghini trattori
Ferruccio Lamborghini è così, un uomo sicuro e diretto ma anche altruista nel dare il suo contributo ai collaboratori, sempre responsabilizzati da grandi libertà a dimostrazione dell’alto livello di fiducia riposto in loro. La sua avventura imprenditoriale inizia con la passione per aggiustare le cose, attitudine che lo porta a vestire i panni di tecnico riparatore durante la Seconda Guerra Mondiale e ad intuire che i mezzi militari potevano essere recuperati e convertiti in trattori di cui l’Italia, nazione prevalentemente agreste, avrebbe sicuramente beneficiato.
Così nel 1948 nasce a Cento, vicino a Ferrara, la Lamborghini Trattori, un’azienda caratterizzata da personale preparato e tecnologia all’avanguardia che in pochi anni diventa leader del settore ampliandosi poi nella produzione di bruciatori e condizionatori. Il susseguirsi dei successi imprenditoriali hanno coinciso con la passione per le automobili di lusso, una diversa per ogni giorno della settimana, arrivando nel 1958 a possedere la citata Ferrari 250 GT, l’ennesimo acquisto del brand con il cavallino. Il carattere incontenibile di Lamborghini trova nella guida l’esaltazione massima, però sgommate, velocità sostenuta e la continua ricerca di traiettorie da brivido sollecitano eccessivamente la rossa che richiede ripetute visite al meccanico.
Qui inizia la leggenda.
In tutti i sensi, tanto per l’episodio quanto per le conseguenze, comincia la leggenda con Ferruccio Lamborghini stufo di portare la macchina a riparare e deciso a risolvere il guasto con i suoi meccanici. Smontata la frizione scopre una componentistica identica a quelli utilizzata sui trattori quindi, senza la minima esitazione, si presenta negli uffici di Enzo Ferrari:
“Spendo una fortuna per un’auto fatta con i miei pezzi!”
“La macchina va benissimo. Il problema è che tu sei capace a guidare i trattori e non le Ferrari.”
“Adesso la macchina me la faccio io!”
Questo è “il momento perfetto in cui ho finalmente deciso di creare un’auto perfetta” racconterà in futuro il visionario di Renazzo.
L’ambizione dell’uomo che voleva creare l’auto perfetta
Dopo un consulto con la moglie, i collaboratori e addirittura Gianni Agnelli, Lamborghini è l’unico a credere nell’idea ma soprattutto all’impatto comunicativo che avrebbe generato. Risparmiando il miliardo di lire per la pubblicità stradale dei trattori e investendolo nell’auto “se mi va bene faccio un rumore tale che potrò risparmiare sulla pubblicità anche negli anni a venire…”. Le cose andavano troppo bene per rischiare così tanto ma lui era incontrollabile “vedrete che se l’auto piacerà a me, piacerà anche agli altri!“.
La leggenda sfuma nella dietrologia quando al dissing seguirono diverse scelte strategiche tipiche di una guerra commerciale. Sulla strada che va da Castelfranco a Sant’Agata, c’è una leggera curva sul lungo rettilineo dove i collaudatori Ferrari e Maserati erano costretti a rallentare durante i giri di prova, il posto perfetto per fermarli con i tipici transiti di una fabbrica e infastidire il vicino di Maranello.
La Fabbrica Automobili Lamborghini esiste ancora oggi, trasformata dal figlio Tonino nel Museo Ferruccio Lamborghini, si può visitare per apprezzare tutta la produzione industriale del padre a partire dal primo trattore, il Carioca, fino ai prototipi di un elicottero e di un motoscafo passando per foto e documenti dell’epoca, fino alla ricostruzione dell’ufficio per poi finire con le automobili.
Il toro dorato simbolo di preziosità e potenza
“Se Ferrari ha voluto un cavallino, io voglio il toro, un toro cattivo a cui si possano vedere gli attributi!“. Al di là del segno zodiacale, Ferruccio Lamborghini invoca fin da subito l’aggressività, l’eleganza e l’originalità che hanno sempre caratterizzato le auto col suo nome.
Via libera quindi a qualsiasi colore, con qualche reticenza sul rosso, così da non rendersi riconoscibile per il legame ad una tinta specifica ma, al contrario, più i colori erano improbabili e più erano Lamborghini, marchiati poi da uno scudetto nero su cui campeggia un toro dorato pronto a combattere per comunicare preziosità e potenza.
Così, dopo un paio di modelli marchiati con un numero, inizia la stirpe ispirata alla tauromachia battezzata da un’auto che è lo spirito del tempo, “nata in un’epoca che ha fatto epoca”: la Miura. Questa non è solo una delle sportive più belle del XX secolo, ma è la capostipite di tutte le supercar moderne al punto che proprio il vocabolo “supercar” è stato coniato da un giornalista inglese nel tentativo di descriverla.
L’infinita professionalità di Dallara, Bizzarrini e Stanzani non si ferma all’estetica ma va alle prestazioni ben riassumibili con le parole di Jay Leno: “la Miura è come una bella donna: quando ci vai in giro stai sempre attento a come la guardano gli altri, non abbassi mai la guardia, sei sempre in tensione. I comandi non hanno etichette: è la tua auto, se non sai a cosa servono è un tuo problema. È sempre molto bello portare a fare un giro qualcuno che ti chiede ‘E questo bottone a cosa serve?’ e tu gli gridi: “Per l’amor di Dio non toccarlo!”.
Un trionfo mondiale per Ferruccio Lamborghini da festeggiare non solo premendo l’acceleratore ma anche a tavola. Chissà quante persone avrà invitato a mangiare in quegli anni incredibili nelle osterie della zona, magari da Giorgio Toselli a Pieve di Cento, in cui ancora oggi non mancano i piatti della tradizione bolognese, dalle tagliatelle ai tortelloni, dalla cotoletta ai dolci.
I segreti del successo: personalizzazione del servizio per fidelizzare gli acquirenti
Dopo la Miura, l’azienda non ha perso l’ispirazione e soprattutto ha continuato a garantire al cliente un servizio di assistenza totale e personalizzato: se l’auto si ferma, non importa in che parte del mondo e a che ora, un tecnico specializzato prende l’aereo con i pezzi di ricambio e interviene prontamente, a costo zero, seguito da una lettera di scuse per l’inconveniente. Ad un giornalista incredulo che chiede conferma del servizio, Lamborghini risponde “È un costo che rende! Un cliente che ha ricevuto un servizio del genere lo racconta a tutti e, raccontandolo a tutti, diventa una pubblicità“.
Oltre al servizio, ogni nuovo modello di auto è talmente fedele ai valori Lamborghini che si va a consolidare un target di acquirenti molto specifico che potremmo indicare con le parole di Frank Sinatra “Chi vuole sembrare qualcuno compra una Ferrari, ma chi è già qualcuno sceglie una Lamborghini“. Il successo di questa casa automobilistica è inarrestabile e continua a crescere con un nuovo stabilimento a Sant’Agata Bolognese che di recente ha trasformato il Museo Lamborghini in Museo delle Tecnologie, il MUDETC. Qui si ripercorrono le tappe della storia del brand, si possono ispezionare tutti i modelli, i prototipi, la linea di produzione o fare esperienza del simulatore per rendersi conto che il motto delle celebrazioni del 50° anniversario “100 anni di innovazione in metà tempo” non è solo una trovata pubblicitaria.
Negli ultimi anni di vita, Ferruccio Lamborghini si ritira sul lago Trasimeno a produrre vini, in particolare il Sangue di Miura, e poi decide di dedicarsi ad una nuova passione, il golf, e ovviamente lo fa costruendosi il suo campo perché “ha un grande futuro. Lo sport giusto per le persone giuste”. A chi gli chiede il nome del progettista risponde colpendosi il petto a ripetizione “Sono io! Ho guardato più di 40 campi da golf in tutto il mondo, dalla California al Giappone. Ora so come farne uno da me!”.