La mortadella più buona del mondo | NonSoloBuono
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Miriam Carraretto
4 minuti

LA MORTADELLA PIÙ BUONA DEL MONDO

Simona possiede il garbo e la solarità delle ragazze cresciute in bottega, e l’entusiasmo di chi porta avanti una tradizione antichissima che impone una tale responsabilità da fare tremare le gambe. Tenace, volitiva, un sorriso contagioso, occhi che brillano. Quelli di chi ha raccolto un pezzo di storia di famiglia e lo custodisce con estrema cura, perché lì c’è anche il futuro, suo e di un’intera generazione.

 

Dal 2015 Simona Scapin è a capo di Artigianquality. Il regno della mortadella, l’unico laboratorio a produrla interamente artigianale a Bologna. Silvio, suo padre, è un’istituzione. Nella “Dotta” lo conoscono tutti perché in via Santo Stefano 88, a due passi da piazza Maggiore, la mortadella è un’esperienza di vita, prima che cibo.

“La mia azienda è giovane ma si porta dietro tutta la tradizione che mio papà ha raccolto negli anni, cercando di offrire ai suoi clienti sempre prodotti naturali” ci racconta Simona. Ha iniziato a 12 anni in una polleria, Silvio, e poi a 21 è finito in una macelleria di Bologna. E da lì non si è più fermato. Ha sempre cercato di dare vita ai piatti tipici della tradizione bolognese, in particolare proprio la mortadella (quella della ricetta originale senza pistacchi) e il salame rosa, “che non c’entra nulla col salame, ma è l’antenato della bologna” puntualizza Simona.

 

Una storia, familiare e imprenditoriale, che inizia trent’anni fa, quando Silvio comincia a “spacciare” i suoi prodotti d’eccellenza dalla piccola bottega di quartiere. “Le nostre mortadelle sono un orgoglio di famiglia, perché sono il frutto di una lunga sapienza artigianale”.

 

La mortadella di Artigianquality è un’arte. Il mestiere del macellaio è un’arte. Perché per arrivarci serve prima di tutto una straordinaria abilità nel riconoscere le carni, selezionarle, maneggiarle con cura, sentirle a odore, tatto, restituendo al cliente finale solo il frutto di un lavoro delicato, per quanto durissimo.

 

Filiera corta con carni provenienti solo dalle colline bolognesi e allevate allo stato semi-brado, materie prime di altissima qualità, carni biologiche certificate, lavorazione interamente artigianale a cottura lenta, senza l’utilizzo di macchinari industriali. Una produzione volutamente limitata, che arriva a 20 quintali alla settimana, mentre nelle grandi filiere si toccano i 200 quintali al giorno.

 

La carne lavorata a fresco, la parte magra e quella grassa che si uniscono nell’impastatrice, “dove avviene la magia”: a quel punto si aggiunge la base aromatica di macis, cardamomo, noce moscata, pepe bianco, pepe nero, aglio fresco Dop di Voghiera, e il prodotto viene impastato. Poi le carni passano all’insacco, tutto fatto a mano con vesciche naturali, poi legate, sempre rigorosamente a mano. Infine, cotte nella camera-stufa a bassa temperatura con una lunga cottura a 75°: in genere, ci vogliono dalle 20 alle 28 ore.

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Intanto Silvio nel 2004, dopo lo scandalo della Mucca Pazza, si inventa il salame 100% bovino, l’unico in circolazione, altra prelibatissima eccellenza di casa Scapin, e prima ancora crea un prosciutto sopraffino, in cui al posto degli zuccheri mette il miele. Sublime.

 

Tutti i prodotti che Simona, Silvio, la mamma e il fratello Francesco ottengono sono privi di farine, latte, lattosio, coloranti e polifosfati aggiunti. Non solo. “La nostra arte sta anche nell’eliminare tutti i sottoprodotti della carne, come la cotenna e l’emulsione di cotenna, ed è proprio questo passaggio a donare alle nostre mortadelle un’altissima digeribilità”.

 

Dopo tanti anni solo nel 2006 Silvio è soddisfatto della mortadella che riesce a ottenere. Ma il salto vero e proprio, verso il mondo che sta fuori dal cuore di Bologna, arriva solo nel 2014, quando Artigianquality diventa un presidio Slow Food.

 

“Un giorno si presenta in bottega un bimbo con la sua mamma che chiedeva insistentemente la ‘mortadella del Silvio’. Dietro di loro, c’era un rappresentante di Slow Food, che ha voluto sapere tutto di quella mortadella. Due mesi dopo, quel signore è tornato e siamo entrati nel mondo ‘lento’ di Slow Food”. Il cibo come una volta, fatto con dedizione e solo con materie prime di altissima qualità.

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La Mortadella Classica e la Mortadella Mora Mora diventano Presidio Slow Food e la Mortadella Sette Chiese ottiene la certificazione bio, conquistandosi il titolo di prima mortadella biologica prodotta a Bologna.

 

Quello è anche l’anno in cui Simona e la sua famiglia partecipano al Salone del Gusto di Torino. “Lì cambia tutto, perché veniamo letteralmente travolti da una clientela completamente diversa, che cerca appositamente carni di alto livello, lavorate secondo una filosofia artigianale e che racchiuda, appunto, un saper fare antico”.

 

Rientrati a Bologna, il telefono inizia a squillare senza sosta, le mail impallano il computer. Per via delle regole sanitarie a cui sono sottoposti non possono esportare fuori da Bologna, nemmeno in provincia, ma questo non li ferma. Per accontentare i clienti che arrivano da tutta Italia lavorano “36 ore su 24” scherza Simona, senza domeniche, con un solo forno che rende complicato alternarsi: “Abbiamo sfiorato la crisi familiare!”.

 

Simona macina esperienza, si fa le ossa, nessun master per imparare a gestire un’azienda, solo grande sensibilità: “Ho puntato tutto sulla qualità dei prodotti, portando avanti la tradizione di famiglia, e sull’aspetto umano. Quasi tutti i nostri clienti sono anche nostri amici, persone con le quali creiamo relazioni solide. In molti vengono qui da così tanto tempo che mi hanno vista quando stavo ancora nella pancia”.

 

Innovazione, con i piedi ben puntati alla tradizione, che hanno aperto a collaborazioni eccellenti, come quella con Oltre, dove il noto chef Daniele Bendanti ha scelto il salame rosa di Scapin per comporre un tagliere che racconta della tradizione salsamentaria bolognese.

 

Artigianquality cresce del 30% l’anno, richiestissima dalla gastronomia d’eccellenza. Anche Londra e Parigi la vogliono. Il sogno nel cassetto è sbarcare negli Stati Uniti e in Giappone. Ma sempre con quella luce scolpita nel cuore: la “mortadella del Silvio” è un baluardo di tradizione, e umanità, che conserva l’anima più nobile e pura di un mestiere antichissimo.

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