La spongata non è solo un dolce: è l’essenza stessa del Natale emiliano, un simbolo che custodisce l’anima delle festività. Immaginate una crosta dorata e friabile, appena velata di zucchero a velo, come la neve che si posa leggera sui tetti d’inverno. All’interno, un ripieno ricco e avvolgente di spezie, frutta secca, canditi e miele, che sprigiona un abbraccio di sapori caldi ed aromatici. Ogni fetta racconta una storia antica, tramandata di generazione in generazione, capace di scaldare i cuori e riunire le famiglie attorno alla tavola.
In questo articolo vi porteremo alla scoperta delle affascinanti origini della spongata emiliana, sveleremo la ricetta autentica e le varianti più amate, e vi suggeriremo i vini locali da abbinare, perfetti per esaltarne ogni sfumatura di gusto. Preparatevi a un viaggio nel cuore della gastronomia emiliana, dove ogni morso di spongata è un tuffo nei ricordi più dolci e nelle tradizioni che rendono speciale ogni Natale.
La spongata non è protagonista dei soliti spot natalizi che invadono la TV, tra pandori e panettoni. Non perché sia meno buona, ma perché la sua semplicità fa parte del suo fascino. Questo dolce nasce infatti nella tranquillità dei monasteri benedettini, in un’epoca antica, tanto che se ne parla già ai tempi di Carlo Magno.
Durante il Concilio di Francoforte, nel 794, Carlo Magno decretò che un “pain d’hostelage”, letteralmente “pane di accoglienza”, fosse offerto ai pellegrini e agli ospiti dei monasteri. Così, ogni convento iniziò a preparare questo dolce che, durante il periodo natalizio, veniva donato dai monaci, a chiunque si presentasse in cerca di ospitalità o anche solo di un po’ di cibo. Sulla superficie della spongata venivano impressi simboli religiosi tramite appositi stampi in legno, rendendo ogni dolce un’opera unica.
Col tempo, la spongata divenne anche un particolare “premio” offerto a chi pagava l’affitto in tempo, come testimoniato dal Codice di Bobbio del 1194, che recita: “dando illi qui fictum portaverit unam spongatam”, ovvero, “a chi porta l’affitto, viene data una spongata”.
Successivamente, la spongata si diffuse gradualmente lungo la Via Francigena, da convento a convento, fino a diventare un dolce noto in tutta l’Italia Settentrionale.
Nel Rinascimento, arricchiva le tavole nobiliari: nel 1454 fu donata al duca Francesco Sforza di Milano, e l’anno successivo agli Este di Ferrara.
Nel 1622 la spongata entrò persino nella letteratura: in “La Secchia Rapita” di Alessandro Tassoni, si racconta di un legato bolognese che torna da Modena con cinquanta spongate, dono dei modenesi come gesto di pace.
Il convento di Brescello, celebre per la sua produzione, continuò a tramandare la ricetta anche dopo la sua scomparsa, conservandola gelosamente tra le famiglie locali. Con il tempo, la spongata passò dalla produzione casalinga a quella industriale. La fabbrica più rinomata, ancora oggi attiva, fu fondata da Luigi Benelli nel 1845.
Un tempo simbolo di benvenuto e dono di pace, la spongata ha attraversato i secoli, portando con sé una storia ricca di significato. Ora che conosciamo il suo passato, regalarne una per Natale assume un valore ancora più speciale, un gesto che racchiude secoli di tradizione e calore.
Tradizionalmente si pensava che venisse dal latino sponga, che significa “spugna marina”. Tuttavia, la studiosa di tradizioni gastronomiche Laura Zilocchi ha messo in dubbio questa interpretazione, osservando che la spongata non ha affatto una consistenza spugnosa. Dopo cinque anni di ricerche negli archivi civili e monastici, trovò una possibile risposta nel Glossarium Mediae et Infimae. Qui, il Vescovo Isidoro Hispalensis annota che se al pane sacro, chiamato sfungia, si aggiunge dell’acqua, questo lieviterà diventando spongae.
La spongata potrebbe quindi essere un antico pane sacro, il cui ripieno è racchiuso tra due “sfungie”, impastate con il vino e offerte durante le celebrazioni natalizie.
Ingredienti per la pasta frolla
Ingredienti per il ripieno
Ingredienti per la decorazione
La spongata si presenta in varianti affascinanti che riflettono le tradizioni culinarie delle diverse regioni italiane. Sebbene le origini di questo dessert siano saldamente radicate in Emilia-Romagna, dove la ricetta è più conosciuta, anche la Liguria e la Toscana vantano le loro versioni uniche, ciascuna con ingredienti e tecniche che raccontano storie di terre e culture. Scopriamo insieme come la spongata si reinventa in questi angoli d’Italia, mantenendo intatta la sua essenza ma arricchendosi di sfumature locali che ne esaltano il gusto e la storia.
Ingredienti per la pasta frolla
Ingredienti per il ripieno
Ingredienti per la decorazione
Procedimento: Scoprite QUI come preparare la spongata ligure.
Ingredienti per la pasta sfoglia
Ingredienti per il ripieno
Ingredienti per la decorazione
Procedimento: Scoprite QUI come preparare la spongata toscana.
È un vino aromatico, frizzante e dolce, prodotto nelle colline parmensi, perfetto per accompagnare dessert e momenti conviviali. La Malvasia Dolce dei Colli di Parma si distingue per la sua vivacità e la capacità di essere dolce senza risultare pesante o stucchevole, grazie all’armonia tra zuccheri e acidità.
Ha un colore giallo paglierino chiaro e brillante, con riflessi dorati.
Al naso, emergono note di fiori bianchi (gelsomino, biancospino), frutta matura come pesca e albicocca, insieme a sentori di miele e mandorle dolci.
È un vino dolce di grande prestigio, prodotto nella regione della Romagna, e rappresenta una delle espressioni più eleganti del vitigno autoctono Albana.
L’Albana di Romagna Passito ha un colore dorato intenso, che può virare verso il giallo ambrato con l’invecchiamento. Questo colore profondo riflette la concentrazione zuccherina e il lungo processo di appassimento.
Al naso, invece, è estremamente aromatico e complesso. Si percepiscono note di miele, frutta secca come fichi e datteri, albicocca essiccata, insieme a sentori di spezie dolci e, spesso, una leggera vena di mandorla tostata.
È uno dei vini più iconici dell’Emilia-Romagna, in particolare della zona di Reggio Emilia, caratterizzato dal suo gusto dolce-amabile e la sua vivace frizzantezza. Ha un colore rosso rubino intenso e brillante, con riflessi violacei. Al naso è aromatico, con un bouquet fruttato e floreale. Si percepiscono profumi di frutti rossi freschi, come ciliegia, fragola, lampone e prugna, insieme a sottili note floreali di violetta.