Classiche, tradizionali, ancestrali: come nascono le bollicine in Emilia.
«Non posso vivere senza champagne. In caso di vittoria, lo merito; in caso di sconfitta, ne ho bisogno», diceva Napoleone.
Da sempre le bollicine sono al centro delle celebrazioni di tutti i tipi. Feste di compleanno, Natale, Capodanno, ogni occasione è buona per stappare. Il sughero che si alza piano piano, la schiuma che risale il collo della bottiglia, lo schiocco del tappo verso il cielo.
Lo champagne è senza dubbio il re delle bollicine, un’icona francese di fama addirittura superiore a quella napoleonica. Simbolo di festeggiamenti e grandi occasioni in tutto il mondo.
La Francia tuttavia non è l’unica patria di bollicine di gran qualità. In questo articolo ci concentriamo su un territorio italiano di assoluta eccellenza enologica, con una storia secolare tutta da scoprire. Un viaggio che inizia nei pressi di Modena, da una bolla scoppiata 100 anni fa, dalla determinazione e dall’intuito di piccoli produttori vinicoli locali diventati simbolo delle migliori bollicine made in Italy.
Questa storia parte da una prima fondamentale domanda: Come nascono le bollicine?
Le bolle non sono altro che anidride carbonica prodotta durante la fermentazione alcolica. Il nocciolo della questione sta proprio nel riuscire a intrappolarle dentro la bottiglia.
Il vino di cui parleremo viene prodotto nelle campagne emiliane seguendo ritmi naturali, procedimenti antichi e autentici tipici del modo di intendere l’arte enogastronomica italiana.
Viene prodotto con tanta passione, con determinazione e spirito pionieristico, e con metodo. Metodo Classico, Metodo tradizionale, Metodo Ancestrale. Sono aggettivi che si inseriscono perfettamente nel profilo delle vigne modenesi, nel gesto artigianale e genuino della vinificazione emiliana. Vediamo più da vicino cosa intendiamo quando parliamo di questi metodi diventati iconici.
Il Metodo Ancestrale è il più antico – è così che sono nate le prime bollicine!
Si basa su un’unica fermentazione (in parte in botte e in parte in bottiglia). Questo metodo veniva anticamente utilizzato nella zona di Champagne e portava il vino ad avere una maggiore complessità. Il segreto è imbottigliare quando ancora non tutti gli zuccheri sono esauriti, così l’anidride carbonica rimane intrappolata nella bottiglia e rende il vino frizzante.
Le “bollicine ancestrali” sono poche ma ben integrate in una bevanda corposa, e non è raro notare i lieviti residui all’interno. Si tratta di una tecnica antica e che regala sempre gusti complessi e interessanti. Cin!
Vediamo ora il Metodo Classico (o Tradizionale).
Si comincia da un vino fermo anche in questo caso, ma la rifermentazione avviene in bottiglia. I lieviti esausti rimangono in contatto col vino arricchendolo di sfumature e aromi. Segue la cosiddetta “sboccatura” in cui vengono rimossi i lieviti, lo spumante acquisisce limpidezza e si aggiunge lo sciroppo di dosaggio che classifica il vino in dolce, dry, brut…
Avete presente i classici tappi di sughero a fungo con la gabbietta esterna? Ecco, sono loro solitamente i vini prodotti con Metodo Classico. Alta pressione, tante bollicine, un’esplosione (di gusti e percezioni).
Adesso che abbiamo approfondito la materia prima, vi presentiamo i veri protagonisti delle bollicine modenesi.
Lo “Champagne” di Modena si chiama Bellei
Siamo qualche chilometro a nord di Modena. I vigneti Bellei si estendono in perfetto ordine fino a perdita d’occhio. Sono oltre cento ettari di coltivazione. L’azienda è un vero pilastro della tradizione spumantistica italiana, una delle prime cantine specializzate, con Metodo Classico ovviamente – qui è quasi una religione.
Le etichette di pregio che ogni anno vengono prodotte sono frutto dell’intuito e del mirabile lavoro di ricerca di Giuseppe Bellei e del padre Francesco – il fondatore della cantina.
Giuseppe, detto Beppe, era un vero innovatore e un sapiente vinificatore, amante del metodo tradizionale. Negli Anni 70 intraprende diversi viaggi in Francia per esplorare i punti di contatto tra Champagne e Lambrusco. In quegli anni seleziona i cloni francesi di Pinot Noir e Chardonnay da coltivare e trasformare in originali spumanti italiani (Metodo Classico, ovviamente) da cui nasceranno le attuali produzioni.
Così Bellei diventa sinonimo di spumanti Metodo Classico di altissima qualità, oltre al proverbiale Lambrusco. Nascono vini ispirati allo Champagne e al metodo produttivo lento e tradizionale delle migliori maison francesi, come il Bellei “BrutRosso” e il Lambrusco Ancestrale.
La produzione della cantina Bellei è piuttosto limitata, perché curata nei minimi dettagli, con una qualità altissima che propone etichette davvero interessanti e apprezzate a livello nazionale e che allo stesso tempo lascia spazio alla sperimentazione – un vero gioiellino nel panorama enologico emiliano.
La Cantina della Volta
Ci spostiamo dalla cantina Bellei, ma solo di qualche generazione.
La Cantina della Volta nasce nel 2010 da un gruppo di amici appassionati di vino. Tra questi c’è Christian Bellei, un nome che è garanzia di qualità enologica frizzante. È proprio la produzione di spumanti con Metodo Classico il fiore all’occhiello della cantina.
La sede principale è nell’edificio originale della cantina Bellei, costruita dal bisnonno di Christian vicino all’antica darsena di Bomporto, luogo in cui le barche effettuano “la volta” per riprendere la navigazione verso Modena. A questo luogo ricco di significati e di storia si deve il nome della Cantina della Volta.
In questa nuova avventura vinicola, Christian Bellei continua la tradizione di famiglia, senza mai far mancare lo spirito d’innovazione. Qui approfondisce e mette in pratica le tecniche imparate durante la permanenza in Francia e mette a punto i metodi produttivi dello Champagne. Il tutto, ovviamente, perfettamente impiantato nella tradizione e nel panorama modenese. Trenta ettari di vigneti coltivati secondo i principi dell’agricoltura biologica e pensati per trarre tutto il meglio dal suolo e dal clima emiliano. In cantina – nell’edificio originale ristrutturato – si fa ricorso alle più moderne tecnologie enologiche senza mai snaturare la tradizione locale: il binomio perfetto per raggiungere standard qualitativi sempre più corposi e strutturati.
Dal riformulato CVD BrutRosso ai classici Lambrusco e Pinot, senza dimenticare le interessanti etichette di spumanti “Il Mattaglio”, la Cantina della Volta unisce passato e presente per raccontare l’essenza enologica racchiusa nel territorio emiliano.
Etichetta Bonluigi: un esercizio di unicità
«Perché una produzione bio?»
«Perché credo sia giusto così» risponde Luigi.
Il movimento di risalita delle bollicine emiliane ci porta a Pazzano, ad incontrare un altro protagonista della storia vinicola della zona. Luigi Boni inizia nel 1993 con un primo vigneto sperimentale nei pressi di Frignano ed estende presto la produzione nei territori limitrofi per poco più di quattro ettari. Tutta la ricchezza del territorio emiliano, concentrata in una produzione audace e coraggiosa – così la cantina di Boni è diventata una delle realtà vinicole più importanti del modenese. Stappando una bottiglia di Bonluigi si sprigionano i caratteristici sentori zuccherini e fruttati, una garanzia di qualità e unicità.
Luigi Boni è oggi riconosciuto come il riscopritore dei vini rossi locali fuori dalla cerchia del Lambrusco. Non solo: li ha coltivati in una zona insolita come le campagne emiliane – un’impresa che prima di lui aveva tentato solo Francesco Bellei, suo caro amico e mentore.
Tornando ai famosi Metodi, tra i capisaldi della produzione di Luigi Boni troviamo lo Chardonnay Metodo Classico Belmount e il meraviglioso Pinot Nero Esterosa. Sul fronte del Metodo Ancestrale si collocano invece il Tisbrino e l’Uva Tosca di San Rocco, oltre all’intramontabile Lambrusco. E a proposito di Lambrusco, va riconosciuta a Boni la riscoperta di un vitigno altrimenti dimenticato: il Malbo Gentile – dall’uva blu scuro, la struttura piena e i dodici mesi in barrique. Una sorpresa ad ogni sorso.
La cantina di Boni ha guadagnato l’ammirazione della critica enologica con etichette uniche nel loro genere. Alcuni le trovavano addirittura troppo ardite, sperimentali. Oggi purtroppo la Boni SRL ha chiuso i battenti, ma la sua produzione prosegue con la Cantina del Frignano.
Rimane fuori da ogni dubbio quanto l’esperienza di Luigi Boni, raccogliendo l’eredità preziosa dei Bellei, abbia dato una svolta spettacolare alla tradizione vinicola emiliana.
Una storia fatta di coraggio e innovazione, capace di allacciare passato e presente.
Una storia che mescola in un’unica bottiglia la tradizione francese dello Champagne col gusto italiano più autentico, per un’esplosione di percezioni da gustare ad ogni brindisi. Cin!