Ti sei mai chiesto perché i modi di dire che usiamo nel nostro lessico quotidiano contengono spesso i nomi di alimenti o parole legate al cibo?
Quante volte hai esclamato: ci sta “come i cavoli a merenda” per dire che una cosa non c’entrava niente; oppure “è una testa di rapa” per descrivere una persona poco intelligente ; o ancora “sei come una pentola di fagioli”, quando qualcuno non la smetteva di borbottare ecc. Sono tutte espressioni che pronunciamo senza quasi accorgercene e che evocano nomi di alimenti in contesti lontani da quello della tavola. Ma, come sono nati questi modi di dire?
Se “siamo fritti!” abbiamo perso ogni speranza di salvezza come un pesce che catturato nella rete del pescatore è destinato a finire in padella. Infatti, nessuno lo usa più per intero, ovvero “siamo fritti, disse il merluzzo al cefalo”, ma questo detto affonda le sue radici nel linguaggio dei pescatori che lo usavano per complimentarsi tra di loro dopo aver issato le reti.
Mentre, “prendere in castagna” significa sorprendere qualcuno proprio nel momento in cui sta commettendo un errore. Curiosamente il modo di dire in questione nasce proprio da un errore di interpretazione perché in latino il sostantivo “marro, marronis” indicava un errore grossolano ma nel corso dei secoli si confuse con “marrone” inteso come frutto e quindi si iniziò a dire che qualcuno era stato preso in castagna anziché preso in errore.
L’espressione “capita a fagiolo” significa arrivare al momento giusto. Ma da dove deriva questo detto? Ci sono varie teorie in proposito: la più accreditata ne fa risalire l’origine alla Firenze del XV Secolo. Pare che i fiorentini di allora apprezzassero molto i fagioli e che utilizzassero questa locuzione per accogliere un evento particolarmente gradito.
“Aver sale in zucca” si usa per indicare una persona che agisce sempre in modo ragionato e avveduto. Il sale rappresenta infatti l’intelligenza e il buon senso, mentre la parola “zucca” è sempre stata usata scherzosamente come sinonimo di testa. Un tempo i contadini mettevano il sale nelle zucche svuotate e ben seccate, che fungevano da contenitore, di conseguenza il non avere sale significava essere “vuoti”. Ma c’è anche un’altra interpretazione che si rifà al rito del battesimo: quando il sacerdote poneva sul capo del bambino il sale benedetto pronunciando la formula “accide sal sapientiae” (“Ricevi il sale della sapienza”).
Ti è capitato, invece, di confidare un segreto ad un amico e poi di raccomandarti: “acqua in bocca!” . Si dice che tanto tempo fa una donna un po’ troppo pettegola, durante la confessione, chiese al prete come fare a frenare il suo inopportuno desiderio di spifferare tutto a tutti. Il prete allora le consigliò di portare sempre con sé una boccetta d’acqua e di metterne in bocca un sorso ogni volte che le fosse venuta la tentazione di spettegolare.
Quali altri modi di dire ti vengono in mente?